Bentornati!
In questo Capitolo, esamineremo i lineamenti generali del diritto contrattuale, a partire dal concetto basilare di contratto.
Pensate a quando il contratto muoveva i suoi primi passi nel contesto di una società in trasformazione. Pensate al passaggio da un'economia prevalentemente agricola a una più dinamica, con la nascita delle prime imprese. In questo scenario, la semplice 'volontà' di trasferire un bene, tipica di una concezione statica della proprietà, non bastava più. Serviva uno strumento agile, rapido, che potesse facilitare gli scambi. Ecco perché si inizia a dare sempre più importanza a ciò che viene 'dichiarato' all'esterno, a quell'accordo che è percepibile e affidabile anche per chi non conosce le intenzioni più profonde delle parti. Pensate alla tutela di chi acquista un bene da chi, a sua volta, lo aveva ottenuto con un atto poi dichiarato invalido: se il terzo acquirente è in buona fede e trascrive il suo acquisto prima di una certa data, il suo diritto è salvo. La legge, in questi casi, 'premia' l'affidamento e la chiarezza delle dichiarazioni.
Nonostante questa evoluzione, la 'teoria del negozio' non è del tutto scomparsa. Anzi, ci aiuta a comprendere fenomeni come il 'negozio unilaterale', disciplinato dall'articolo 1324. Immaginate una promessa al pubblico o una disdetta di un contratto: sono dichiarazioni di volontà che producono effetti giuridici anche se provengono da una sola parte. La legge, saggiamente, estende a questi 'atti' la disciplina del contratto, ovviamente con le dovute 'attenzioni' per la loro natura particolare.
Un tipo particolare di negozio unilaterale è quello 'recettizio', regolato dall'articolo 1334. Pensate a una comunicazione formale, come un licenziamento o un recesso. Perché produca i suoi effetti, non basta che io la scriva e la pensi: è necessario che il destinatario la 'riceva'. Ma attenzione, la ricezione è importante per gli effetti, non per la validità della mia dichiarazione, che si perfeziona nel momento in cui la emetto. E se ci ripenso? Posso 'revocare' la mia dichiarazione, ma solo se la revoca arriva al destinatario prima della dichiarazione stessa. Un po' come spedire una lettera e poi cercare di fermarla prima che arrivi!
Dopo aver esplorato la definizione e le prime implicazioni del contratto, passiamo a un concetto fondamentale: l'autonomia contrattuale. Immaginate di essere gli artefici del vostro accordo, liberi di decidere 'se' e 'come' perseguire i vostri obiettivi economici. Ma questa libertà non è assoluta, non viviamo in un Far West giuridico! Dobbiamo sempre fare i conti con le 'regole del gioco' stabilite dall'ordinamento. La vera domanda è: quando e come le nostre decisioni private diventano vincolanti per la legge?
La prospettiva oggi più condivisa è che siamo noi, con la nostra autonomia privata, a 'scrivere' le regole del nostro accordo. Però, perché queste regole diventino veramente vincolanti, perché un giudice possa intervenire in caso di mancato rispetto, è necessario l'intervento dell'ordinamento giuridico. E qui entra in gioco un elemento importante: l'ordinamento 'premia', rende giuridicamente efficaci, quelle regole private che non sono in contrasto con i valori fondamentali della società. Senza questo 'sigillo' della legge, il nostro accordo resterebbe un patto tra amici, magari moralmente vincolante, ma non 'giustiziabile', cioè non tutelabile davanti a un tribunale.
Vedremo anche le altre fonti di integrazione del contratto: usi, equità e buona fede.
Esamineremo poi il concetto di causa e la sua evoluzione. Inizialmente interpretata quale funzione economico-sociale del contratto, sostanzialmente schiacciata sul tipo, oggi è intesa dalla giurisprudenza quale ragione pratica dell’affare. Ci soffermeremo sull’illiceità della causa, sui contratti atipici e sul giudizio di meritevolezza.
In un'epoca in cui non esisteva una Costituzione rigida a proteggere i valori fondamentali della società, nasce il concetto di 'ordine pubblico'. Era una sorta di 'ultima spiaggia', un principio a cui il giudice poteva appellarsi per bloccare operazioni che, pur non essendo espressamente vietate da una legge specifica, minacciavano le fondamenta stesse della convivenza civile. Inizialmente, si tendeva a identificarlo con le stesse norme imperative, quasi a voler 'imbrigliare' questo concetto potenzialmente ampio.
Oggi, con la nostra Costituzione a fare da solido baluardo di principi e valori, l'ordine pubblico assume un ruolo più preciso. Serve a garantire che i privati, nella loro autonomia contrattuale, non si diano un assetto di interessi che vada a cozzare con la struttura etico-sociale della nostra comunità, a livello nazionale ma anche sovranazionale. Pensate a un accordo per pagare qualcuno per non sposarsi, o a un patto che impedisca a una persona di votare secondo coscienza, o ancora a un contratto che discrimini un gruppo di persone nell'esercizio dell'attività economica. Questi accordi, pur non violando magari una specifica legge, sono contrari all'ordine pubblico perché minano i principi fondamentali su cui si basa la nostra convivenza.
Accanto all'ordine pubblico troviamo il 'buon costume'. La differenza fondamentale è che, mentre l'ordine pubblico guarda più all'ordinamento giuridico e ai suoi principi, il buon costume si pone dalla parte della realtà sociale, di quella morale condivisa che è in continua evoluzione. Ciò che era considerato 'immorale' in passato potrebbe non esserlo più oggi, e viceversa. La legge, in questo caso, funge da limite negativo: il giudice può applicare il criterio del buon costume solo se non esiste una legge specifica che disciplini la materia.
Vedremo infine il giudizio di meritevolezza di cui all’art. 1322 c.c. Esamineremo la giurisprudenza più recente, che ritiene immeritevole il contratto non conforme ai valori costituzionali ed ai principi cardine (buona fede, tutela del contraente debole).
Buon viaggio!